Ci sono degli uomini che ho amato
senza manco averli conosciuti
COPENAGHEN.
Del primo mi ricordo
la vacanza con le amiche a Copenaghen
quel locale interrato, cool universitari
e tra nordici moderati
il nostro tavolo, quello delle italiane,
fare il baccano più naturale della serata –
almeno fino al terzo drink.
Il succo è: la mia amica si prende una cotta per uno
e il suo amico-spalla ci segue in ostello.
Attorno al tavolo parliamo
il suo inglese è perfetto
e, saccente, ci corregge ogni volta che sbagliamo
Fastidiosetto.
Io non mollo un colpo
e ribatto
ribatto
ribatto
che il Ping-pong abbia inizio!
tra le mie amiche testimoni
e questo danese alto smilzo
con gli occhi celesti
E i capelli lunghi
– il volto si mischia al ricordo di una vecchia conoscenza, un ragazzo intelligente come un pianista
sempre vestito di nero che chiamavamo Morte –
finisce che
rimaniamo solo noi
seduti sul legno lucido
davanti a una carta geografica
parliamo della cosa più sexy:
Viaggiare.
E ci scambiamo sogni e destinazioni- niente, niente di romantico –
e questo è come sarebbe stato:
niente dolcezza, niente gesti affettuosi
zaino in spalla, bicicletta
nel vento di Copenaghen
Un fascio di energia limpida
che parte da me e arriva a lui
dritto al centro della spina dorsale
e una spada luminosa
tra le nostre due fronti
un equilibrio di cervelli
a dare risposte imposte risposte giuste
Il nostro amore sarebbe stato
intelligente, raffinato
sdraiati su un tappeto a leggere davanti a una grande finestra
piante tutt’attorno
le sciarpe e i guanti sparsi per la casa
forse un cocorito
e quell’informatico austero
flessibile come un palo della luce
amarmi all’italiana solo dopo il terzo drink
Ah!
Il tè fumante dalle tazze colorate
e viaggi in Sudamerica.