Poesia

Silenzi

Vorrei piangere tra le tue braccia
perché abbiamo dentro gli stessi mali
e non possiamo guarirci.

Si spalanca dentro di noi
lo stesso abisso
e non possiamo guarirci.

Non si guarisce la solitudine
se non quando, lucidamente,
non superiamo l’Uno
nella carne che scivola.

Ma c’è più di questo:
c’è che riconosco in te
un dolore
e una lotta eterna.
Un coraggio
e una forza
indicibile.

In te e in me riconosco
la stessa immedicabile nostalgia.

Deliri

Basta questo tempo

Basta questo tempo
In cui ritorna sempre
Lo stesso dolore vecchio
Dai suoi cumuli marci a cui si resta disperatamente aggrappati
Che nessuna acqua ha lavato via
Nessuna pioggia
Nessun tempo
Rimangono cumuli di
Memorie marcite fermentate
Ma tutto ancora
Perché
Non passa questo dolore inutile
Di cose vecchie
Perché non ci lascia mai davvero alle spalle
non si chiudono mai davvero le porte
Come mi piacerebbe se
Quei momenti di mezzo
Rimanessero sospesi
Quanto mi piacerebbe se
Niente
Cadesse oltre il muro delle conseguente
Se per sempre rimanessero immutati quei momenti in cui
Non è ancora successo niente
E tutto può ancora succedere
Non si dice niente
E tutto si è già immaginato
Se rimanessero eternamente in fieri
Possibilità costanti
E invece
Si cade dall’altra parte
E si sbrodola si esonda
Si slabbrano tutti i confini delle cose
E il mondo è sottosopra quando poi si deve scegliere
Vorrei essere meno rigida di come sono meno moralista morale etica fifona fifona meno fifona pensare meno alle conseguenze delle cose vivere in quei momenti di eterne primavere sospese
Invece poi quei granelli di dolore vecchio di cose che erano esondate quando sarebbero potute diventare altro da quello che erano da quello che poi sono diventate – cioè niente
Quei granelli di dolore
Distruggono i vetri li rigano
Sbrodolano tutto di marcio
Come foglie morte umide
Marcite
Marcite
E ci resto aggrappata a questi cumuli marci dentro
E non lo sopporto più questo dolore che ritorna ritorna ritorna
Quando credevo non ci fosse più
Basta un gesto davvero un gesto di due cose che non si guardano di una repulsione come due poli uguali che si respingono si rigettano e mi pare che non ho mai saputo scegliere niente che non mi terrò niente che tutto ho buttato butto butterò via che sarò vecchia e triste ma in una bella casa di foglie marcite che sono tutti quei dolori che non ho digerito che sono tutte quelle porte che ho creduto accostate che invece erano chiuse e che invece erano sprangate
E il dolore sarà di averle credute ancora vive
Di averle tenute in vita dentro uno stomaco da mucca
Quando invece tutto era morto per sempre da mesi.

Ferite

Bang Bang

Basta tu che mi fai male apposta

e io che ti abbraccio.

Basta io che ti corro incontro

e tu che ti giri dall’altra parte.

Basta tu che chiami

e io che rispondo.

Basta io che esco allo scoperto

e tu che fai fuoco dalla trincea.

 

Griderei

ma mi limiterò a sorridere.

 

Alfabeto

V.

Sei un crepaccio

una ferita.

C’è pudore in quello che scrivo

non in ciò che vedo, penso

riconosco nel tuo dolore.

Resta l’immagine della grotta di cristalli

risonanti al minimo eco.

In più, oggi,

questa grotta è sul fondo di un abisso

di un crepaccio stretto

di una cicatrice lunga.

 

In questo, che scrivo,

i miei occhi sono pieni di bellezza

per quello che ho visto

per quello che vedo.

Poesia

Se sapessi disegnarti

Dalla tua bocca spalancata

escono i mali del mondo.

Eri un fiore, eppure –

Sei un lupo dilaniato

Un bambino solo.

Hai paura del buio?

Cosa vedi quando chiudi gli occhi belli?

Quali mostri?

 

La tua fragilità mi terrorizza.

MaleAmore

Una notte disperata

Ovvero

quando mi sono accorta di non credere più nell’amore.

 

Mezzanotte. Stanze deserte. Luci spente.

“Il buio delle casa deve testimoniare il vuoto che sento dentro” penso.

Lasciato il mare, approdata in città. Abbandonata la vacanza, mi ritrovo a mia volta abbandonata da chiunque mi conosca e viva nel raggio di 20 km da casa mia.

“O mi guardo un film…o mi guardo un film” penso.

Accendo la televisione e sono come mia nonna che si consola con la voce di Antonella Clerici.

Mi sforzo di ridere il più a lungo possibile per convincermi di essere felice, ma appena stacco gli occhi da Charlie Chaplin un’impietosa stretta allo stomaco mi rigetta nel buio del salotto.

Esco sul balcone: “Chissà che le stelle, la luna, non mi consolino almeno un po’…” e dei botti in lontananza mi rispondono: fuochi d’artificio per celebrare la mia straziante solitudine, evviva evviva.

Se non avessi già affogato una scatola di Kellogs nel gelato, mi getterei sulla Sacher nascosta in frigorifero.

Chiama mia sorella: in vacanza con gli amici, accompagnano la telefonata le loro risate in sottofondo

Come stai?

Male

Perché?

Mi sento sola. Ma meglio che mi ci abitui che tanto siamo soli per tutta la vita

…domani torno alle 7..

Ti passo a prendere, sì

Ok, ciao.

 

I miei gemiti da moribonda echeggiano per il quartiere.

“Ah, l’amore non esiste, non ci credo più!”

Ci hanno ingannato, tutti tutti i film che abbiamo visto! Per forza si rimane fregati, per forza si rimane soli: ci si getta fra braccia bramose di carne, e non di anime.

Spalmata sul divano, gorgheggio tra le lacrime la mia canzone preferita dei “Musica Nuda”:

“Da quando non ci sei

è sempre mezzanotte

è sempre il giorno dopo il giorno in cui rinascerò

da quando non ci sei

ho tutte le ossa rotte

e non c’è soluzione non c’è medicina”

 

Mi sono addormentata per sfinimento, con la testa dolorante ché di lacrime ce n’erano ancora, era finita la voglia di sanguinarle fuori.

“Se davvero credo che l’amore non esista, che nella vita siamo destinati ad essere sempre più soli…allora sto finalmente diventando grande” sussurro alla mia bambola prima di crollare.