Desideri

Fulmini che ho amato pt.3

Ci sono degli uomini che ho amato

senza manco averli conosciuti

LEONE

L’ultimo di questi

ha la faccia da animale

di quelli simpatici che si vedono nei video di feisbúc

con occhioni neri e dolci

e una bocca da bonobo.

Di questo mi han colpito

la sicurezza premurosa

con cui prepara i caffè,

le domande sui poeti,

e quel suo vestire da manzo dei film anni 90.

Lo scimmione, con i suoi occhi diretti,

ha fatto bene il suo lavoro:

mi ha accarezzata con le mani intere

ha giocato con me per davvero

E certe volte nel suo sguardo si è persa la bugia degli attori

che si divertono a dire che tutto è per finta

e invece scava scava c’è del vero.

Mi sono innamorata

per domanda discreta

per riso

per inaugurazione

di giochi squilibri di potere

braccio di ferro a colpi di lingua –

chiaro preludio al flirt.

È stato paziente con me

e sette volte si è tradito con occhiate di stupore

intrappolate nelle telecamere dei cellulari

ho sbirciato la verità

nel nostro fingere sotto le lenzuola

un amore amore antico.

E’ stato bravo, per questo mi ha colpito.

Mi ha fatto credere quello che io di solito faccio credere

coi miei occhioni slucciconi da attricetta di vent’anni

Che in quegli sguardi ammirati, raddolciti, amorevoli

si celasse un sentimento vero

un’autentica adorazione

Per questo non ho mollato l’osso

ho fantasticato sul nostro amore

fatto di fotografie – di me –

tutte in bianco e nero.

L’amore di viaggi vestiti comodi, di pranzi in grandi famiglie con salumi e tortellini

il nostro amore sarebbe stato ridicolo bello

con i colori accesi

dei giri in macchina

libri scambiati, scritti

Ma soprattutto

filmini, foto,

registrazioni

di me

testimonianze dai suoi occhi

adoranti

per questa musa sinuosa – che sarei io –

Un amore di gnocchi fritti e partite a calcetto.

Questa. L’ultima fantasia di un amore esuberante

fatto di grandi gesti gentili

da leone, re della foresta

zampate affettuose,

ripararsi nella folta criniera calda e odorosa.

Un amore caldo, giallo, al sapore di savana e tortellini con la panna.

Desideri

Ri- conoscere

Quanto tempo ci vuole
Prima che riusciamo a riconoscerci.
Quante volte ti dovrò guardare ancora
Prima che mi sia familiare ogni singolo tratto,
Prima che mi basti un mezzo profilo coperto per dire
“Sei tu”.

Abbiamo parlato una notte,
Ti sei coperto il viso,
Non ti ho guardato per un tratto di strada
E non mi ricordavo niente della tua faccia.
Ho pensato:”Se non ti riconosco gli occhi…”

Quanto tempo ci vuole
per riconoscersi gli occhi
Quanto tempo ci ho messo
prima di abituarmi al tuo ghiaccio
Quanto ci ho messo
per sentirmi a casa nel tuo sguardo
Quanto

Adesso il naso non mi stona nella faccia
Riconosco i dettagli da soli
Sono dei fatti nella mia memoria
Con le mani li ho scolpiti nella mia memoria
E adesso il tuo naso
Lo riconoscerei anche fosse da solo,
Un naso senza una faccia.
Le ossa del cranio, quegli zigomi sporgenti
Mi sono chiari
Familiari spuntoni di ossa, roccia
Dalla tua faccia bianca – a una faccia scura di terra
Non sono più abituata: era il colore del mio amore di una volta,
Il colore di una faccia di legno o d’argilla.
Adesso il mio amore ha la faccia di marmo
E tu, creatura di legno o d’argilla,
Non mi appartieni perché non ti riconosco
E non ti appartengo perché non ti riconosco
E mi bastano 5 minuti per dimenticarmi della tua faccia.

È capitato che camminassimo soli sotto la luna
Eppure non ho desiderato di baciarti
Perché la bocca-
Ne conosco una di bocca
La sua bocca. E bene.
Ma questa, alla vista, la confonderei con mille altre bocche
A occhio nudo, una bocca è una bocca
Belle tutte o quasi
Buone tutte o quasi tutte da baciare
Ecco.
La bocca bianca del mio amore di marmo
La conosce la mia bocca
E da sempre
Come non potessero esistere altri incastri
O potessero, esistono, sono esistiti,
Ma nessuna bocca conosce la mia
Dallo stesso tempo enorme, dagli stessi secoli
Da cui la mia bocca e la sua bocca in quella faccia di marmo
Si riconoscono e subito si sono riconosciute
Come se al tempo degli Egizi
Fossero state scolpite insieme
Dalla stessa sabbia.

Perché, di fatto, le bocche sono sempre calde
– bocca di sabbia su marmo.

Segreti

Sei invidiosa come la merda

Helena F. Vantigli
È una bambina. Una bambina delle mie vacanze al mare, quella che è arrivata, un giorno normale tra quei giorni tutti speciali, e si è messa a guardarci, con quei suoi occhi enormi e un sorriso da insetto.
Era una di quelle bambine piccine e ossute che piacciono a tutti perché sono vere. Non come me che ero una di quelle bambine brave e belle che sognano di avere i capelli lunghi fino ai piedi e si immaginano a 18 anni a entrare nei bar e a farsi offrire le brioche alla crema ( “Mai vero” direbbe la Giulia. Ho capito poi di non avere quel tipo di bellezza per cui ti offrono da bere alle serate, quanto piuttosto quella per cui se urti un signore in metropolitana ti senti dire “Signorina, se fosse successo 40 anni fa!”).
Era una bambina vera, di quelle che si fanno male mentre giocano, che corrono in bici fino a non avere più fiato. Di quelle bambine che hanno qualcosa di selvatico, troppo sfuggente per starmi simpatica: non voleva essere mia amica. Per questo ho detto che aveva un sorriso da insetto. Avrei detto anche gli occhi da insetto, ma sarebbe stata una bugia. Ho pensato occhi da gatto, ma sarebbe stato troppo lusinghiero.
Helena – Lena, per tutti noi altri bambini- aveva un orribile neo sulla pancia, i capelli liscissimi come spaghetti di soia e una sera – una sera di festa di mare tra i muretti bianchi e i pini- se ne sparì.
Io me ne ero accorta un bel pezzo prima degli altri, ma non avevo detto niente. Ero contenta che non fosse lì con noi, che con quella sua bocca gigante non disturbasse i miei giochi. (“Sei invidiosa come la merda” direbbe la Giulia). Io non volevo cercare Lena, e che nessuno la cercasse.
Comunque non poteva mica essere lontano o chissà cosa. Nessuno di noi se ne sarebbe mai andato da solo oltre le luci delle case. Io di certo non lo avrei fatto.
Ma la Lena, con quelle gambette stecche e la sua mountain bike rossa, con quella sua aria da avventuriera boh, lei forse sarebbe andata.

 

 

 

Poesia

Contatto

E nonostante i pronostici

c’è un momento in cui ti penso

prima di addormentarmi.

 

Oso:

dico  “per te”

e quando parliamo

i nostri occhi sono vicini.