Segreti

Il cassetto

Ho un cassetto pieno di cose segrete.

Piccoli tesori per chiunque altro insignificanti

Che nascondono storie incredibili di amori e sotterfugi e di sguardi pericolosi e di baci che non si sarebbero dovuti dare e parole che sarebbe meglio non ripetere e di traguardi e di scoperte e di battaglie  e di lacrime…

Nel mio cassetto c’è una castagna, così il mio cuore non prende il raffreddore.

Nel mio cassetto c’è un bracciale con un sole, così il mio cuore resta illuminato.

Nel mio cassetto ci sono due cucalle e un ciondolino arrugginito così mi ricordo che il tempo passa e arriva l’inverno ma a certe cose non si rinuncia.

Nel mio cassetto ci sono anche quelli che io chiamo “trofei di guerra”: souvenirs di conquiste lampo corse via al dodicesimo rintocco che non hanno lasciato dietro di sé che scarpette di cristallo. E dato che non sono un Principe Azzurro, quei tesoretti me li sono tenuti e, anzi, li custodisco con grande soddisfazione:

Una collana di legnetti verdi, un paio di guanti bucati, delle stringhe, un fiore rosa, un cappello nero….

 

Nel mio cassetto c’è una pietra azzurra per i sogni, una rosa per l’amore è una verde per dare voce al cuore.

Il mio cassetto è pieno di pennarelli colorati.

 

Poesia

Contatto

E nonostante i pronostici

c’è un momento in cui ti penso

prima di addormentarmi.

 

Oso:

dico  “per te”

e quando parliamo

i nostri occhi sono vicini.

Ferite

Bang Bang

Basta tu che mi fai male apposta

e io che ti abbraccio.

Basta io che ti corro incontro

e tu che ti giri dall’altra parte.

Basta tu che chiami

e io che rispondo.

Basta io che esco allo scoperto

e tu che fai fuoco dalla trincea.

 

Griderei

ma mi limiterò a sorridere.

 

Alfabeto

L.

Hai il cuore come quello di una mamma

buona.

Nel petto che nascondi

è scavato lo spazio di un corpo

un cesto di frutta dolce profumata,

 

Offri  e  Accogli.

 

Nel buio dei miei dolori

col tocco delicato sfiori la mia pelle che soffre

e una candela si accende.

 

Queste tue mani di fili di lana

Questo tuo sterno concavo

Sono presagi di un amore grande

Ancora serbato.

MaleAmore

Un male che non passa

C’ho un male che non passa.

È colpa di questa bestiaccia maledetta che è l’Amore e che, se ti piglia, non ti lascia.

Funziona così: una volta che ci sei stato dentro, non te ne liberi: lascia una traccia che anche se credi di aver trovato una scappatoia, di essere purgata, di essere finalmente pronta a una vita nuova… Questo ti tormenta, torna e gioca con te come il gatto col topo.

Ad ognuno poi- l’Amore è furbo- lascia una cicatrice ben precisa. Colpendo al tallone d’Achille, regala una ferita che non si sutura.

A qualcuno lascia lividi, segni nel corpo ben visibili. Ad altri chiede avido la Vita.

A me…

Da me si è preso i sogni.

Non è che non sogno più, che le mie notti sono nere, dei cubetti di vernice appiccicosa. Fosse così, andrebbe meglio. Fosse così…

La mia maledizione e rivivere nei sogni tutto ciò che è stato. Uno sguardo, un sorriso, una carezza…

Quello sguardo. Quel sorriso. Quella carezza.

Sua.

Poesia

Avventura

“Non v’è riposo alla speranza mai.

A difficili amori io nacqui.”

E. Morante

 

Hai una bellezza strana

Quasi quella rara delle pietre

Che sono luce colorata

Sepolta nel buio della rocce

incastrata incastonata bloccata

trattenuta serbata nascosta protetta

custodita!

Regalata a chi si regala

Alla terra

All’impresa

Alla disfatta

Piccole gioie

Quello che succede dentro

È come se, dentro ognuno di noi, ci fosse un tavolo.

Quando siamo innamorati, allora il tavolo è apparecchiato per due e tutto è pronto e bello e in ordine. Si cena anche, in due: il nostro ospite siede di fronte a noi, cena dopo cena.

Quando finisce una storia d’amore, il tavolo resta apparecchiato, ma la tovaglia è macchiata, i piatti sono sporchi, il bicchiere mezzo vuoto e briciole dappertutto. Per quanto si provi a invitare persone a cena, nessuno riesce ad accomodarsi e si finisce per cenali soli. Si è tristi perché si continua a vedere il fantasma del l’ospite ma non si ha la forza di sparecchiare tutto quanto.

Dopo un po’ di tempo -e ci vuole tanta pazienza- si trova la forza di liberare il tavolo. Sì, le cene restano solitarie, ma almeno si sta bene: tra sé e sé non è poi così male.

E alla fine arriva la magia.

All’improvviso, e non si sa mai bene come, tra un boccone e l’altro si alza lo sguardo e ci si accorge che il tavolo è di nuovo apparecchiato per due.

E l’altro posto è libero.

 

Poesia

Presagio

“Il presagio inchina già la fronte

All’annuncio” E. Morante

Caldo.
A forza mi tiro dentro le tue costole
Voglio passare gli strati di pelle
Di nervi
Di muscoli
Ed entrarti dentro
Diretta negli organi.

Sento il tuo corpo
La tua carne viva
Risponde
A questo oggetto freddo disperato
Che è la mia bocca
Che sono i miei occhi.
Braccia pazze
Nel tentativo estremo
Stringono più forte che possono
Aggrappandosi a tutte le sporgenze
Ossa-appigli
Le tue scapole sono maniglie per le mie dita ferite
Che scivolano lungo la schiena liscia
Immensa Come parete di sabbia.

Sento la tua mano che mi afferra e mi guida
Tutta intera
Mi conduce alla porta
Per ritornare.

Si parlano le nostre carni impazzite
No, la mia sola
È senza controllo
Come l’animale in gabbia che non sa dove fuggire
E scalcia e sgroppa e incorna
Io
Mi aggrappo con tutte le mie ultime forze
A te.

Sento che stai riempiendo
Col tuo corpo di ossa affilate
Un abisso che ho nel petto
Che il mio corpo è scavato da una forma
Che è la forma del tuo corpo e che senza te
Io sono un guscio semi vuoto.
Assetata (alla morte)
Disidratata di te
Mi ingozzo
Ti trangugio
Senza pause senza fiato ti divoro
E non ne ho abbastanza.

Sei bello come una statua.
Intagliato nel legno il tuo viso.